Le cinque domande del CONTROLLO ACCESSI

di | 10 Luglio 2017

Le cinque domande del giornalista?
No, del Controllo Accessi.
(Che cosa, perché, quando, chi, dove?)

Ma insomma CHE COSA è questo controllo accessi?
PERCHE’ l’azienda per cui lavoro ha installato un nuovo apparecchio elettronico in portineria?
QUANDO ha cominciato a svilupparsi l’esigenza di accertare i passaggi di persone o automobili?
CHI mi può aiutare a capire se ci sono i termini per ottimizzare i flussi del personale all’interno della mia azienda?
DOVE posso trovare prodotti di semplice utilizzo ma di sicura funzionalità?

Domande

CHE COSA?

Agli esordi della mia carriera lavorativa, e sono passati diversi anni a dirla tutta, mi sono posta ciascuna delle suddette domande.
A partire dal fatidico quesito di base: ma di CHE COSA si sta parlando?! All’epoca non ne avevo la benché minima idea…

Lavoravo in una società che trattava prodotti per la sicurezza, e che era ovviamente molto sensibile e ricettiva ad ogni novità proposta dal mercato. Per farla breve, essendo per di più impiegata all’ufficio acquisti, mi vidi “costretta” un bel giorno ad approfondire la “questione” del controllo degli accessi.

Chiesi al mio titolare: non basta la telecamera a gestire la sicurezza di un locale? No, non basta, mi disse.
Non è sufficiente un impianto antintrusione per proteggere determinate aree? Non è del tutto soddisfacente, ribadì.

Se ai suddetti metodi tradizionalmente diffusi per la protezione di luoghi, si aggiunge un sistema che accerta l’identità delle persone (o dei mezzi) che transitano in quelle aree, ecco che si comincia a parlare di controllo degli accessi.

Si possono infatti tracciare gli orari degli ingressi e delle uscite a quel sito, impedire il transito ad alcuni utenti in determinate aree mentre ad altri si dà una priorità di passaggio, controllare le credenziali degli accessi, identificare i tentativi di movimento non autorizzato, e così via. Di conseguenza il quadro della sicurezza di un determinato luogo diventa notevolmente più chiaro e completo.

PERCHE’?

Ecco PERCHE’ quel mio stesso titolare aveva installato un lettore di badge all’ingresso dell’azienda, ci aveva imposto di strisciare la tessera magnetica in entrata e in uscita, nonché in caso di trasferta, permessi, ferie, malattia e così via.

I più fortunati tra noi registrarono anche l’impronta digitale. Lettore biometrico
Appoggiando il dito sull’apposito lettore, si poteva entrare in magazzino o nei locali espositivi o nella sala riunioni direzionale ai piani superiori.

Indiscusso il beneficio sui tempi di transito di una piccola folla di dipendenti che fino a quel momento aveva timbrato il normale cartellino cartaceo; ma anche l’ufficio amministrativo che gestiva le presenze ne ebbe un notevole vantaggio, trovandosi a fine mese su computer tutta la situazione dei movimenti degli impiegati.

Era la metà degli anni novanta. Lavoravo in una azienda che faceva ricerca, studiava gli algoritmi della biometria, progettava prodotti elettronici, importava prodotti di avanguardia; si era ancora una realtà di nicchia.

Spazi apertiQUANDO?

Ma agli inizi degli anni 2000 qualcosa in un certo senso è cambiato. Tutti abbiamo sentito più impellente una necessità di protezione e difesa, di tutela dei nostri spazi, non necessariamente in quanto chiusura ma piuttosto in quanto gestione salvaguardata di tempi e luoghi.

QUANDO ciò è avvenuto, il mercato ha trovato le relative risposte. Ha organizzato sistemi di sicurezza sempre più mirati, funzionali e integrati, di cui il controllo degli accessi è appunto una attenta espressione.

Alcuni dei miei colleghi cominciarono a dedicarsi a tempo pieno alle varie applicazioni dell’access control. Vennero importate campionature di lettori e controllori, selezionati fornitori, progettate schede elettroniche di interfaccia, istruiti tecnici istallatori mediante corsi di formazione e aggiornamento.

CE e ROHSPer quanto mi riguarda, quegli “oggetti” indefiniti e sconosciuti fino a poco tempo prima cominciarono ad assumere una precisa fisionomia, e ad essere gestiti in maniera sempre più abituale e specifica. Sulla mia scrivania si accumularono brochure di produttori di controllo accessi, schede tecniche, certificati di vario genere e tipo, finché non furono definiti e scelti quei tre o quattro fornitori che proponevano prodotti garantiti in quanto ad affidabilità, prezzo, certificazioni e molto altro.

Artigiano al lavoroColoro che si rivolgevano a noi per una consulenza, un sopralluogo, un suggerimento, una offerta, una fattibilità, trovavano persone che nel loro piccolo possedevano qualcosa di peculiare: ciò che distingue il livello del sentito dire da quello dell’esperienza sul campo.

DOVE E CHI?

Se qualcuno oggi mi chiede DOVE è possibile attingere per trovare qualcosa di adeguato e corrispondente alle esigenze della sua ditta, del proprio condominio piuttosto che di un parcheggio da automatizzare, l’unica cosa che suggerisco è: rivolgiti a CHI conosce nel dettaglio quello di cui si sta parlando.

Che si tratti di un produttore italiano, tedesco, israeliano, cinese, poco importa. Che si tratti di un prezzo conveniente o di uno più considerevole, anche questo non fa del tutto la differenza.
La differenza consiste nell’installare un impianto che lavora puntualmente per il fine per cui è stato installato, che verifica ciò che deve verificare e restituisce le relative dettagliate informazioni.

ImprontaUna tecnologia semplicemente al servizio di quello che deve fare.
Che poi, a prescindere dal settore del controllo accessi, è una buona norma che vale trasversalmente.

 

Immagini pixabay.com

2 pensieri su “Le cinque domande del CONTROLLO ACCESSI

  1. Roberto

    Certamente tutto vero… ma se si utilizzano prodotti italiani s’incentiva il lavoro e l’economia nazionale.
    Oltre ad ottenere un brand di indubbio valore e un design particolarmente elegante dei prodotti.
    Non è roba da poco…

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    1. Team Controllo Accessi Facile

      Certamente vero anche questo Roberto, quando i prodotti italiani (come spesso accade) accontentano le esigenze della clientela.
      Altrimenti sarebbe come se tutti dovessimo comprare auto della FIAT, anche quando non ci soddisfa nessun modello…

      Rispondi

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