L’importanza di una fattibilità professionale.

di | 15 Gennaio 2018

FattibilitàQuale è l’importanza una fattibilità professionale?

Cosa potrebbe indurci a orientarsi verso una azienda che offre un supporto tecnico specialistico in una fase progettuale iniziale?

Tra le più svariate proposte e opportunità che si trovano sul mercato, perché scegliere specificatamente quel consulente che si propone per studiare “a monte” un progetto?

 

La risposta più evidente…

Ti rispondo subito nella maniera più semplice ed evidente: non hai nulla da perdere chiedendo una consulenza che in molti casi viene fornita anche gratuitamente.

E soprattutto se e quando si abbia la possibilità di incontrare personalmente colui che si occuperà di quella determinata ipotesi di realizzabilità.

Cliente e consulente si conoscono di persona, vengono fatti i sopralluoghi del caso, analizzate le specifiche, valutati i capitolati, approfondite le questioni più nebulose.

Dopodiché viene inviata una fattibilità specifica o un preventivo su misura, realizzato appositamente per quel determinato ambito. Per lo più “senza impegno” per chi la riceve, tranne eventuali accordi o eccezioni concordate in sede iniziale.

PartnershipUna consulenza specialistica personalizzata è fondamentale per consentire una comprensione a 360° del progetto che si sta andando a delineare. E anche per permettere a chi si affida ad un progettista di conoscerlo adeguatamente.

Guardarsi negli occhi, stringersi una mano, scoprirsi professionalmente complici, cominciare a muoversi nella stessa direzione. E’ questo il migliore investimento reciproco possibile. Sia per chi offre un parere tecnico ma anche e soprattutto per chi intende individuare un partner sinergico e strategico per la propria realtà aziendale.

 

…e quella più fondante.

Quindi ecco una seconda risposta alle domande poste inizialmente: non solo non c’è nulla da perdere richiedendo una consulenza, ma anzi se ne potrà ottenere un rilevante ed evidente beneficio.

Sul piatto della bilancia dell’imprenditore che chiede assistenza, inutile negarlo, c’è il tempo che dovrà essere dedicato nel rapportarsi al professionista che si propone. Sarebbe a dire in assoluto la cosa più preziosa e fuggevole per un impegnatissimo impresario. Ricevere in azienda, spiegare la propria filosofia societaria, comunicare le proprie necessità.

Ma nell’altro piatto del bilanciere cosa si trova?

Si trova un esperto, o un gruppo di esperti, intenti a comprendere ciò che viene esposto, intenzionati a trovare la migliore soluzione possibile attingendo ad un bagaglio di abilità e competenze. Senza barriere, diaframmi, apertamente e direttamente. Mettendoci la faccia. E dedicando a loro volta il tempo necessario al compito.

Ecco infine la garanzia migliore che si possa ricevere, il motivo conclusivo e ultimo che affranca una scelta, che la rende potenzialmente più valida rispetto ad altre.

Una equipe di ingegneri, ad esempio, che si propone come sviluppatore di un prodotto elettronico o risolutore di un problema tecnico immediato, perché dovrebbe offrire concretamente e direttamente il proprio know-how?

Perché spera, ambisce, anzi è sicuro che il proprio specialistico patrimonio di esperienze operative e conoscenze indurrà l’imprenditore a puntare in quella direzione.

Chi si proporrebbe come depositario di una particolare abilità lavorativa, da avvalorare subito sul campo senza pressioni economiche immediate, per poi dimostrarsi subito dopo operativamente inetto?

Quale sarebbe il ritorno di un simile atteggiamento?

Perdere un’intera giornata a fare un sopralluogo o a studiare un capitolato, senza potere accampare pretese finanziarie istantanee, che tipo di business potrebbe generare in assenza di vera preparazione?

Il mordi e fuggi professionale in questo caso non è previsto. L’intento di una fattibilità specialistica è quello di “seminare” un percorso fatto di successivi “raccolti”, per entrambe le parti coinvolte, imprenditore e professionista che ambisce a diventare collaboratore.

 

Nota a margine

Piccola nota a margine: come in tutti i campi dello scibile umano, capita che persone che si sono incontrate, parlate e hanno tentato un comune percorso di cooperazione lavorativa, poi non riescano o vogliano concretizzare e finalizzare il relativo percorso. Normale. Fa parte della abituale mobilità lavorativa: si chiede, si offre, non per forza si compra e si vende.

Eppure quel tempo è stato comunque ben speso, da entrambe le parti.

Un po’ come quando si vorrebbe acquistare un prodotto. Ma dopo averlo visto o toccato si capisce che quel modello proprio non fa al caso nostro, e si acquista magari una cosa diametralmente opposta. Appunto quella che esattamente faceva per noi, non un’altra.

Piano CLo stesso dicasi per quella fattibilità che ci è stata proposta. Alla fine non l’abbiamo trovata tecnicamente convincente, e per di più era magari decisamente troppo onerosa. Si passa dunque al piano B. Se non a quello C…

Ma qualcosa ci ha lasciato lo stesso, una idea, uno spunto, una consapevolezza diversa circa l’opportunità di percorrere un’altra strada, o individuare addirittura un’altra partnership, che quella incontrata non era del tutto in linea con l’obbiettivo prefissato. Insomma, per dirla sinteticamente, adesso abbiamo comunque più esperienza in merito a quell’argomento.

La stessa esperienza che, seppur in senso inverso, ha accumulato colui che ha tentato di offrire qualcosa, di vendere il suo prodotto o il suo programma o il suo supporto. Stavolta è andata male in effetti, apparentemente se ne esce un poco più sconfitti di prima. Ma forse più navigati, più rodati, più esperti, più capaci di affrontare la prossima sfida.

 

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