Qualcuno ci salvi dai furbetti del cartellino…

di | 18 Luglio 2017

…(e forse anche da questo modo di dire!)

Da quanto tempo sentiamo parlare dei  furbetti in Italia?

Quando hanno cominciato televisione e stampa ad utilizzare tale termine?

Sono passati anni ormai, oltre una decina.

furbettiAll’inizio l’espressione era persino “simpatica”. Nel senso che rendeva pienamente l’idea dell’operato doppiogiochista e sfrontato di una persona, il furbetto appunto, che agiva cercando di ottenere benefici personali senza curarsi di normative e leggi, e per di più in maniera anche abbastanza maldestra e plateale.

Peraltro come definire schiere di dipendenti (e non mi riferisco tout court a quelli pubblici, che anche nel settore privato se ne vedono delle belle…) che in barba a telecamere e sistemi di videosorveglianza più o meno nascosti timbrano il proprio (nel migliore dei casi!) cartellino ed immediatamente dopo si assentano dal luogo di lavoro?! Ingenui a dir poco. Appunto furbetti del cartellino.

Furbetti, oppure…?

Eppure il termine comincia un po’ a “stonare” non trovate?!

Cioè ormai sono anni che vediamo alla televisione immagini di dipendenti che strisciano il badge di ingresso al lavoro e poi vanno a fare la spesa, o in palestra, al bar piuttosto che in canoa, a casa a dormire se non addirittura a svolgere un altro lavoro.

Possibile che a quel furbetto di turno non passi neanche per l’anticamera del cervello che potrebbe esserci proprio nel suo luogo di lavoro un controllo sugli ingressi e le relative uscite?

Più che di ingenuità, qui si configura un “reato” di stupidità, di stoltezza, di ottusità.

Non è possibile perseverare nell’attitudine assenteista in presenza di leggi nel merito che si evolvono e cambiano nonché di tutto il fragore che tali episodi suscitano ogni volta…

Più che furbetti questi mi sembrano degli “ottusetti”, dei “minchionotti”, dei “torsoletti”.torsolo

 

C’è bisogno di una svolta

Inoltre, osservazione più che ovvia ma la evidenzio ugualmente, un conto è sentirsi un po’ dritti quando si manda (irresponsabilmente!) un sms mentre si sta alla guida dell’auto, o se si saltano due posizioni sgusciando avanti in una fila. Un altro se permettete farsi pagare lo stipendio da un datore di lavoro (che sia lo Stato o meno) mentre si va a giocare a tennis o a fare le pulizie a casa.

lavoroQuesta non è furbizia o leggerezza o ottusità, ma una vera e propria malafede.

Una disonestà reiterata e continuativa che auspicabilmente dovrebbe portare alla perdita del posto di lavoro (e la legge del resto si muove in tale direzione).

A ben vedere, anche “ottusetti del cartellino” non rende l’idea.

La cosa migliore, a prescindere dal termine più appropriato e opportuno, sarebbe quella di smettere di leggerle certe notizie.

Ad esempio i recenti accadimenti del Comune di Piacenza mi hanno lasciato veramente sconcertata. Non è possibile che ancora si assista a queste performance! Ammetto i miei limiti di comprensione nell’assistere ai medesimi, sputati, identici episodi di assenteismo e disimpegno.

Quanto tempo ancora la collettività dovrà aspettare per vedere una risposta diversa alla problematica della timbratura?!

In mancanza di spirito di responsabilità e senso del dovere da parte del lavoratore, a questo punto è compito del legislatore indicare una strada diversamente percorribile.

Quali misure adottare?

Impronta digitale? Riconoscimento facciale? Firma autenticata? Controlli da parte di ispettori preposti? Uffici interni delegati al controllo quotidiano delle presenze (purché non si assentino…)? Qualsiasi tra questi mezzi è auspicabile.

io sono presenteAnche i limiti della privacy, più volti invocati per limitare l’applicazione dei suddetti metodi di riconoscimento, non si capisce perché debbano essere ulteriormente tirati in ballo.

Un lavoratore che non ha nulla da nascondere, lascerà agevolmente la propria impronta digitale nel gestionale del controllo presenze, o in un badge da utilizzare all’ingresso e all’uscita dal lavoro. Anche perché il funzionario non assenteista ha tutto da guadagnare lavorando all’interno di un organico altrettanto impegnato.

“Io sono qui che lavoro” ecco il vero motto, l’autentica bandiera del professionista, dell’impiegato, del professore, del tecnico, dell’operaio, del commerciante e di tutte le persone che portano a casa la loro giornata lavorativa! Non dico con il gusto di farlo (che comunque rimane augurabile a tutti!) ma con la matura consapevolezza di avercela questa fortuna: un posto di lavoro da salvaguardare.

 

Immagini: pixabay.com e Rob Lee from Evergreen/CO/USA

2 pensieri su “Qualcuno ci salvi dai furbetti del cartellino…

  1. Silvano

    Intanto da settembre cambiano le regole per le visite fiscali, con più controlli e nuovi orari.
    E’ già un passo avanti.

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